venerdì 4 gennaio 2013

Precisazioni

Il bene ed il male / positivo e negativo

L’energia base è comunque un’energia positiva, l’energia “negativa” (si fa per dire) non è il suo opposto, ma bensì una specie di complemento, un riflesso della prima. Quest’ultima potrà plasmare o diminuire quella positiva, ma mai in nessun caso annientarla.

Per questo qualsiasi testo “sacro” parla di grandi lotte tra il bene ed il male, ma che comunque il bene vince sempre.

Infatti l’unica vittoria del “male” potrebbe essere il ritorno al nulla. Ma il male non ha interesse alcuno ad annientare se stesso, così come paradossalmente anche il bene non avrebbe valore se non esistesse il male.

Rapportando queste due energie nel mondo materiale, possiamo anche dire che non esiste una cosa buona o una cosa cattiva, esistono solo “cose”.

“Buono” o “cattivo” è solo il nostro modo di etichettare una “energia” in base alla nostra frequenza di vibrazione di un preciso momento; vibrazione che può mutare, e quindi in grado di farci valutare la stessa cosa in modi diversi.

 

Passato, presente e futuro

A questo punto potrei anche aggiungere che il tempo, così come lo conosciamo noi al giorno d’oggi, è ben diverso dal tempo come esisteva “milioni e milioni di anni fa”.

Un giorno solare era senz’altro molto più breve di quanto non lo sia ora.

Anche se le distanze tra i pianeti nello spazio cosmico, proporzionalmente sono rimaste le stesse, sono però mutate le relative energie gravitazionali, con delle influenze molto ben diverse.

Il “qui e ora”, nell’assenza di tempo, è un dogma molto usato e spiega chiaramente che le cognizioni di “spazio”, “passato” e “futuro”, sono troppo spesso di intralcio nel nostro evolvere.

Voglio qui suggerire una bellissima citazione, di cui purtroppo non conosco l’autore, ma che rende l’idea di quanto il passato possa essere di intralcio: “Chi soffre per un dolore del passato, soffre per l’eternità”.

Vivendo appieno il nostro “presente”, ci è possibile decidere come vogliamo vivere e cosa vogliamo fare.

Vi lascio dunque immaginare quale meraviglioso mondo potremmo creare, sapendo di non essere separati dall’energia creativa dell’universo. Basta incominciare qui e ora!

 

Lo spazio

La relatività dell’universo in espansione (effetto elastico), è stata studiata e spiegata dal fisico Einstein; non mi permetto quindi di entrare ulteriormente nei dettagli, basta fare qualche ricerca e si potranno avere tutte le nozioni necessarie per comprenderla.

Una volta compresa questa legge, il che non è più difficile di quanto si possa credere, si potrà comprendere come sia possibile condensare l’universo intero e rinchiuderlo relativamente in uno spazio minimo.

Già con la strumentazione moderna a nostra disposizione ci è possibile prendere visione di particelle infinitamente piccole, così come di immense galassie.

La “distanza” che intercorre tra di noi e questi “infinitamente piccolo” o “infinitamente grande” potrebbe non sembrarci la stessa, ma questa “illusione” è creata esclusivamente dai mezzi che il nostro corpo fisico necessita per osservarle.

Quando siamo in grado di spostare il nostro “centro focale” di visualizzazione, quindi non usando i nostri occhi fisici, ci rendiamo conto che possiamo essere catapultati in qualsiasi punto dell’universo ed assumere la grandezza che più ci aggrada.

“Così in alto, così in basso” assume ora una connotazione molto ben diversa da quella che abbiamo anche solo immaginato.

La preghiera

Che siamo credenti o meno, probabilmente chiunque ha una certa dimestichezza con il termine di “preghiera”.

Qualsiasi religione implica l’uso di tale pratica. Principalmente ci viene insegnato che le preghiere si rivolgono direttamente al creatore, Dio, l’energia base – ricordate il comandamento “Non avrai altro Dio all’infuori di me”? – molti però preferiscono rivolgersi a personaggi “minori” - come la Madonna, Gesù, i santi, eccetera - ritenendo che questi siano in grado di comprendere meglio la nostra situazione di “essere umano” in quanto anche loro lo sono stati.

Spesso, già esprimendo a voce le nostre preghiere ci rendiamo conto di parlare con noi stessi.

Più la nostra preghiera sarà sulla stessa lunghezza d’onda di “Dio”, più sentiremo “Dio” in noi che ci fa sentire già in pace con noi stessi e con ciò che abbiamo… e tutto il resto perde di importanza.

Se teniamo presente quanto analizzato prima, ci rendiamo quindi conto di questa verità, e tale pratica assume quasi esclusivamente una funzione rivolta più al mondo “sottile” che non a quello “materiale”.

Ecco che comunque la “preghiera” va distinta in varie categorie.

Abbiamo per esempio la preghiera come forma di benedizione. Questa benedizione può essere diretta ad un oggetto, al cibo che stiamo preparando - o che andremo ad assumere - ad un campo affinché ci sia un buon raccolto, così come all’unione felice di due sposi eccetera.

La forma pensiero che andiamo a creare con la nostra “benedizione”, impernia e protegge il soggetto di tale richiesta. In questo modo lo carichiamo di energie “positive” con l’intenzione e lo scopo che queste possano in seguito amplificarsi.

Qualsiasi cosa venga caricata da questa energia positiva, rilascia delle onde molte particolari che continuano ad agire attorno ad essa.

In questo modo vengono espressamente preparati talismani e portafortuna, ma in qualsiasi caso ogni cosa venga prodotta, o compiuta con un determinato grado di amore, si impregna di energie benefiche.

Un altro tipo di preghiera è quella espressa per richiedere sostegno. Questa potrebbe essere recitata ad esempio prima di affrontare una qualsivoglia situazione che ci si prospetta particolarmente difficile.

Ammettiamo di provare timore nel dover andare incontro ad un intervento chirurgico.

Esprimendo la nostra richiesta di aiuto, saremo disposti ad inoltrarci verso tale situazione con maggior tranquillità, in quanto fiduciosi sull’esito positivo che giungerà grazie all’aiuto di quelle energie a cui ci siamo rivolti.

In questo caso, non abbiamo fatto altro che creare un’armonia tra le vibrazioni “negative”, quelle cioè che ci incutono timore o paura, e le vibrazioni dei nostri corpi più sottili che le possono così tenere a bada.

Altre forme di preghiera sono le richieste di aiuto per persone bisognose. Vuoi per motivi di salute o di difficoltà a superare determinati periodi della vita, spesso alcune persone, facenti parte della nostra cerchia di conoscenze o meno, necessitano di un sostegno che personalmente non ci è possibile dare.

A questo scopo sono nati un po’ ovunque dei gruppi che si sono specializzati nella preghiera comune per il prossimo.

Questi gruppi si ritrovano regolarmente e recitano preghiere mirate, in aiuto sia di persone specifiche ma anche in generale per l’umanità.

Solitamente queste preghiere non sono propriamente formulate in modo preciso, in modo cioè da ottenere uno specifico risultato, come per esempio la guarigione. Queste vengono invece recitate in modo che i “destinatari” siano impermeati dall’energia più sottile; troveranno quindi forza e sollievo come con la preghiera di sostegno personale, oppure verranno “illuminati” a trovare da soli una soluzione al loro problema.

In questo modo sarà più facile per i bisognosi riconoscere la “volontà” dell’energia base nella loro situazione, quindi affrontarla in modo più consapevole e sereno.

Voglio qui ricordare che l’energia base sa sempre esattamente cosa stia facendo.

Anche se certe situazioni potrebbero apparirci spiacevoli sono comunque la “nostra volontà”; non sta a noi giudicare, neppure imporre un altro genere di “volontà” che, come abbiamo già visto, potrebbe persino essere controproducente.

È, quindi più normale invocare la “volontà del padre”, che sa esattamente come agire, piuttosto che pretendere che le cose vadano come pensiamo debbano andare.

Abbiamo poi le preghiere di ringraziamento; quelle che recitiamo dopo aver superato un periodo di tribolazione oppure alla fine della bella giornata che abbiamo trascorso.

Possono trattarsi anche di semplici ringraziamenti per il cibo che ci ritroviamo sulla tavola, per aver ritrovato un oggetto ritenuto smarrito o per aver ottenuto inaspettatamente qualcosa a cui tenevamo in modo particolare.

La semplice espressione “Grazie al cielo!” non è nient’altro che una forma di preghiera che ci rende grati per aver portato a termine una situazione spiacevole.

Anche il semplice ringraziare qualcuno può venir considerato una preghiera di ringraziamento. Ogni qualvolta diciamo quindi un sentito “grazie”, è come se in realtà stessimo formulando una preghiera, indipendentemente dal credo religioso.

Questa forma di preghiera dimostra ed esprime, sempre alle energie sottili, la nostra riconoscenza e felicità per un’esperienza che ci ha aiutato a crescere, o anche solo a star bene con noi stessi e con gli altri.

Quando siamo grati per qualcosa possiamo benissimo percepire un piacevole “formicolio” causato delle energie emotive cui diamo il via, che a partire dal nostro plesso solare arriva ad espandersi a dismisura coinvolgendo anche chi ci circonda.

Questo genere di energia emotiva è consapevole e diretta verso l’esterno, quindi non si tratta di “emozioni” dalle quali staccarci, come abbiamo visto precedentemente, bensì da stimolare il più possibile.

In questo modo vengono anche create le prerogative per accelerare il processo di “star bene” quando ne abbiamo bisogno. Ci circondiamo di fatto, di vibrazioni piacevoli che instaurano una specie di collegamento diretto, quindi facilmente raggiungibile, con la pace e la beatitudine.

Più sovente saremo pervasi da questo tipo di vibrazioni piacevoli, più facile sarà per noi “entrare” consapevolmente in queste, decidendo quando e per quanto tempo, essere in pace con noi stessi.

Vi sono infine preghiere recitate come richiesta di “perdono” o anche per chiedere scusa. Questo tipo di preghiere vengono espresse come rammarico per aver commesso un errore, un atto di cui non siamo particolarmente fieri di cui, in un certo senso, ci pentiamo.

Durante il nostro cammino in questo mondo, siamo sempre confrontati con azioni e decisioni, per ciò è molto probabile che si vengano a commettere anche degli “errori”, siano essi lievi o di grave entità.

Questi errori possono essere dannosi solo per noi stessi oppure anche per terze persone.

Quando siamo in grado di accettare questo fatto, ci rendiamo cioè obiettivamente conto della nostra responsabilità in merito, la nostra reazione è di rammarico e, probabilmente, vorremmo pure esprimerlo.

Questa espressione è la nostra affermazione del dispiacere in merito, che ci aiuta a non lasciarci influenzare eccessivamente dal senso di colpa, riconoscendo il fatto ma mantenendone un certo distacco.

Questo tipo di preghiera rafforza nel contempo la memorizzazione della situazione nel nostro subconscio, in modo da non dover tornare a commettere un’altra volta lo stesso errore. Dichiariamo quindi la nostra fermezza, volontaria e consapevole, a non volerlo più commettere.

Questi tipi di preghiere che ho elencato qui sopra sono molto particolari. Si tratta infatti di mettere in moto delle energie che in alcuni casi agiscono nel nostro essere, in altri invece vengono emesse attorno a noi, o attorno agli altri, per scopi prettamente benefici.

Ritornando per un attimo alla pratica di Ho-o-ponopono a cui mi ero già riferito precedentemente, possiamo notare come le quattro asserzioni del relativo “mantra” – mi dispiace, perdonami, ti amo, grazie - fungano da vero distillato di questi tipi di preghiera.

Lo stato di pace e di beatitudine che si arriva ad ottenere mediante queste pratiche o con il mantra dell’Ho-o-ponopono, è il terreno più adatto per far crescere in modo spontaneo e del tutto naturale il nostro mondo materiale ideale.

A questo punto dunque, non avremo più la necessità di arrovellarci per desiderare qualcosa con la speranza che questo “qualcosa” non ci si ritorca contro, infatti potremo avere tutto ciò che ci serve senza doverne fare espressamente richiesta, e tutto inizia a funzionare con un automatismo perfetto, direi quasi “Divino”.

I miracoli

Eccoci finalmente al capitolo che stiamo tutti aspettando con impazienza.

Come primo miracolo per esempio, potremmo far si che la nostra modesta abitazione diventi una villa da oltre ottocento metri quadrati, con pregiati oggetti di arte e antiquariato a decorarne corridoi e locali.

Assumiamo dapprima una posizione comoda, come abbiamo fatto nel terzo passo relativo alla meditazione. Inspiriamo profondamente e procediamo al riequilibrio energetico, trattenendo il respiro dopo l’espirazione, se siamo sovraccarichi, o dopo l’inspirazione se siamo leggermente fiacchi.

Chiudiamo gli occhi e concentriamoci ora sul pensiero seme: “Visto che secondo mio espresso desiderio, io mi trovo sempre al posto giusto nel momento giusto, per quale motivo voglio qualcosa di così diverso da ciò che ho voluto e mi sono concesso sinora?”.

Tranquilli, si è trattato solamente di un piccolo scherzo! Infatti prima di prodigarci a compiere miracoli, è forse opportuno realizzare che nessuno, meglio della nostra energia base, sa veramente quali siano le energie da muovere attorno a noi per il nostro benessere.

Tutto il resto è solo frutto della nostra mente illusoria.

Spesso veniamo abbagliati dalla possibilità di ottenere facilmente tutto ciò che vogliamo, che dimentichiamo di farne un attento esame.

Nella maggior parte dei casi, questo esame può mostrarci un desiderio sotto un aspetto ben diverso da quanto abbiamo creduto.

Meglio quindi pensare molto bene già dall’inizio, a tutte le eventuali implicazioni che questo nostro “pensiero creativo” può portare con se;  non vogliamo certo trasformarci in vittime di ciò che ritenevamo potesse migliorare il nostro stile di vita.

Racconti e favole suggeriscono come spesso la realizzazione di certi desideri, si riveli ben diversa dalle aspettative o implichi addirittura conseguenze che non avremmo mai voluto attirare verso di noi.

Pensiamo per esempio al personaggio di Re Mida, il cui desiderio di poter trasformare in oro tutto ciò che toccasse, lo confrontò a cose terribili come trasformare la sua stessa figlia in una statua d’oro e non poter più assumere cibo, mutando persino questo in oro al suo contatto.

Gli esempi in merito sono tantissimi. Anche nella Bibbia si racconta che Gesù, dopo aver compiuto molti miracoli, si ritrovò ad esprimere a voce il suo desiderio: “Allontana da me questo calice”. Subito dopo però Egli accetta il suo destino riponendolo nelle mani del “Padre”, tornando a riconoscere dunque l’autorità assoluta di “Dio” ed il proprio cammino intrapreso.

Dobbiamo quindi esprimere con molta precisione e cautela il nostro pensiero creativo; dare un senso alla nostra posizione all’interno di quel desiderio, avere la possibilità di portarlo avanti.

Prendiamo il caso che abbiamo veramente mosso la nostra energia creativa per il pensiero della villa da oltre ottocento metri quadri.

Potremmo ottenerla ma essere così occupati con il lavoro da non essere mai a casa, non avendo quindi modo di goderla.

O ancora potremmo non essere in grado di occuparcene, la vediamo cadere a pezzi, ci troviamo a doverla svuotare dei suoi preziosi decori per riuscire a pagare i debiti.

Oppure potremmo trovarci a vivere in questa villa forse solo in qualità di addetti alle pulizie; un’altra possibile eventualità potrebbe essere che questa villa si trovi su di un pianeta dove noi siamo gli unici sopravvissuti… il tutto assumerebbe quindi uno stato di deleteria inutilità.

In tutti questi casi il nostro desiderio è stato realizzato. Ci eravamo solo dimenticati di creare il nostro rapporto in merito ad esso ed una correlazione più consona tra noi ed il nostro desiderio.

Un altro caso potrebbe essere quello di desiderare una grossa cifra in denaro contante.

Non esprimendo tale desiderio in un modo logico e ragionato, potremmo entrare in possesso di tale somma in seguito a qualcosa di triste, per esempio sotto forma di eredità in seguito alla scomparsa di un nostro caro parente, oppure come risarcimento per un grave incidente che ci ha condannati a rimanere legati ad un letto d’ospedale per tutta la vita.

Non è che voglio fare l’uccello del malaugurio o che voglia spegnere quella luce di ambizione che ci fa muovere per ottenere qualcosa, lungi da me quest’idea. Il mio intento è esclusivamente quello di far capire che dobbiamo riporre molta attenzione in ciò che desideriamo.

La storia della lampada di Aladino - che originariamente racconta del Genio disposto ad esaudire qualsiasi desiderio, e non solo tre come riportato nella versione moderna - ci mostrava come tutti i desideri esauditi, si ritorcessero in seguito contro chi li aveva espressi.

Per questo motivo il Genio veniva di nuovo attratto con l’inganno all’interno della lampada, lampada che veniva in seguito rimessa al sicuro in un luogo non facilmente raggiungibile.

Paradossalmente si racconta che il solo modo per salvarsi da quell’arma a doppio taglio, era proprio il fatto di chiedere al Genio la conoscenza e la sapienza per il suo uso.

La morale che si voleva insegnare con questo racconto, è che “L’uomo può fare solo ciò che ha imparato a fare”, e che quindi il “voler essere qualcosa di diverso da ciò che siamo” è nella maggior parte dei casi controproducente, se non impariamo prima a come diventarlo.

Una vecchia e nel contempo molto chiara barzelletta, racconta di un gruppo di schiavi di colore intenti nel loro lavoro in una miniera di diamanti in Sudafrica.

Improvvisamente uno di loro si imbatte nella famosa lampada. La strofina per pulirla ed ecco apparire il Genio che si mostra disposto ad esaudire un desiderio ad ognuno degli schiavi presenti.

Il primo, dopo aver pensato e riflettuto, si rende conto che se fosse bianco, potrebbe essere al posto del ricco commerciante proprietario della miniera. Così esprime con orgoglio il desiderio di diventare un uomo bianco. Il secondo intravede anche lui la logica del primo, e a sua volta chiede ed ottiene di essere un uomo bianco.

Anche gli altri, ad uno ad uno, chiedono lo stesso, sempre più felici per le possibilità che da quel momento potranno avere.

Giunge l’ultimo degli schiavi.

Questi prende in mano la lampada, la stringe al petto guardando i suoi compagni che non sono più gli stessi ed esprime il suo desiderio:

“Voglio che tutti ritornino ad essere neri”.

Qui si potrebbe comunque divertirsi a modificarne il finale, per esempio lasciare che anche l’ultimo diventi bianco, per poi rendersi conto che non c’è più nessuno che lavori in miniera, che quindi il vantaggio di una florida impresa venga a cadere.

Gli scherzi e le sottigliezze di questo nostro Genio sono infinite.

L’esistenza di “Geni” è raccontata anche nella Bibbia. Sembra infatti che anche re Salomone ne avesse al suo servizio. Si racconta di come fosse in grado di servirsene per scopi di utilità pubblica e non prettamente personali. Egli se ne serviva per governare in modo giusto e saggio il suo popolo.

L’uso di questo potere non implica solo una grande responsabilità – come comunque viene accennato anche nel film Spiderman - implica anche la capacità di gestire ciò che abbiamo creato. Implica l’essere disposti ad accettarne tutte le sfaccettature, soprattutto quelle legate alle “famose” leggi che abbiamo trattato all’inizio di questo libro, leggi che, torno a dire, noi stessi abbiamo creato prettamente connesse a questo cosmo.

Vi ho condotti fino a questo punto con il sentore di una promessa di aiutarvi a realizzare i vostri desideri.

Probabilmente voi vi sentite ora “ingannati”, non trovando la “formula magica” che fa apparire all’istante davanti ai vostri occhi l’auto dei sogni o un baule pieno di soldi, di oro e gioielli.

Eppure io non vi ho ingannati.

Vi sono molti modi per ingannare l’essere umano. Basti pensare alla storia della fortunata casalinga che alcuni anni fa, in seguito ad un caso fortuito ha notato come due banali prodotti, apparentemente reperibili in qualsiasi casa, congiuntamente abbiano avuto un effetto miracoloso a far sparire le macchie tenaci dagli abiti del marito meccanico.

Ebbene si raccontava che questa signora abbia “venduto” per una cifra da capogiro, questo suo segreto ad una famosa casa produttrice di detersivi. Alcuni mesi dopo questa ditta ha messo in commercio “lo smacchiatore per eccellenza” - di cui me ne guardo bene da farne il nome per non mandare ulteriore energia verso questo prodotto - da usare regolarmente non da solo, ma addirittura come complemento al normale detersivo in lavatrice o a mano.

I risultati ottenuti con questo prodotto sono esattamente gli stessi, se non peggiori, di qualsiasi altro prodotto contro le macchie.

Grazie alla storia della casalinga, la ditta produttrice ha ormai occupato una gran fetta del mercato. Dietro pagamento ai commercianti, e non perché molto richiesto, questo prodotto occupa metri interi di scaffali nei supermercati.

La stessa ditta martella il consumatore con offerte speciali nelle quali comprando una confezione, puoi averne gratuitamente il 50% in più, ma facendo però bene attenzione a non offrirne dei campioni da testare gratuitamente; logicamente il consumatore noterebbe la banalità del prodotto, senza peraltro contribuire ad aumentarne la cifra d’affari.

Questo è un inganno!

Sono tantissimi gli inganni perpetrati da terzi nei nostri confronti, ma il peggior inganno è proprio quello che noi facciamo a noi stessi, come il credere che ci troviamo nella situazione attuale perché qualche straordinaria forza esterna, il destino o la iella, ci impediscono di essere fortunati, di vivere una vita piena di successo e soddisfazioni.

Esatto, avete capito bene.

Se non riusciamo a “materializzare” un nostro pensiero, è semplicemente perché altri nostri pensieri sono contrari al fatto che questo si avveri.

Cerco di spiegarmi meglio usando, ancora una volta, la nostra bella casa da ottocento metri quadri.

Io esprimo il mio pensiero creativo. Lo esprimo in direzione della casa con tutte le necessarie situazioni che l’accompagnano, cioè un lavoro che mi permetta di mantenerla, il tempo necessario per usarla e godermela, una famiglia felice che la abita con me eccetera.

Perché questa continua a rimanere nei miei pensieri? Perché non si manifesta come io voglio?

Per prima cosa cercherò quindi di sapere se veramente sto facendo di tutto per averla.

Non posso semplicemente volerla senza essere disposto a mettere tutto il mio impegno in questa “creazione”.

Sto davvero impegnandomi affinché il mio lavoro mi permetta di guadagnare una cifra simile senza peraltro ostacolare altre persone?

La sto cercando nel mondo reale? Sto valutando e creando un solido rapporto con la persona con cui voglio andarci ad abitare?

Il nostro modo di guardare alle cose, in modo fisico intendo, è quello di dar loro una particolare presenza nello spazio tempo, caricandole cioè di energie molto estese. Per fare ciò abbiamo quindi bisogno di una specie di microscopio, e di un buon metodo per rallentare, ai nostri occhi, la rapidità con cui il “respiro divino” interagisce.

Qui il discorso del passato e del futuro nel rispetto del “presente” meriterebbe un intero capitolo separato, accettiamo quindi per un attimo con pura fede, che esiste solo il qui e l’ora, per poter comprendere quanto segue.

Diamo in questo momento il via alle nostre “azioni” per giungere all’ambita casa.

Ci sarà già successo molte volte di osservare qualcosa che abbiamo fatto, o di un tot di tempo trascorso in compagnia, e notare come questo lasso di tempo abbia avuto delle connotazioni ben diverse che in altre situazioni.

Una cosa svolta con gioia e piacere sembrerà volata in un attimo, anche se in realtà ha richiesto ore se non giorni, mentre un’altra situazione di pochissimi minuti ci è apparsa come una eternità.

La sensazione di diversa durata dello stesso periodo di tempo in due situazioni diverse, è strettamente dipendente da noi stessi, dal modo in cui le valutiamo e le giudichiamo.

Anche uno sforzo fisico assume connotazioni diverse in base al bisogno. In alcune situazioni siamo in grado di affrontare grandi fatiche senza particolari sforzi, in altre invece la minima sciocchezza ci appare estenuante all’inverosimile.

Ricordiamo bene che siamo venuti in questa nostra incarnazione proprio per sfuggire all’inerzia del nulla. Se quindi ci concediamo di sdraiarci su di un divano a schioccare semplicemente le dita per ottenere tutto ciò che ci serve, andiamo senz’altro incontro all’annientamento del nostro veicolo – fisico, mentale, eterico, atomico eccetera – e torniamo ad essere un nulla senza alcun valore; la nostra vita stessa perde il suo senso primordiale.

Mi piace qui ricordare la storia di quel bambino a cui fu dato un gomitolo che rappresentava la sua vita.

Tirando il capo di questo gomitolo egli poteva fare in modo che un particolare periodo trascorresse più velocemente.

Ecco che si trovò a non voler più frequentare la scuola elementare, voleva giungere più in fretta all’università; tirò il capo del suo gomitolo e improvvisamente si trovò all’università.

Dopo alcune lezioni si stancò anche di questa. Tirò nuovamente il capo del gomitolo per giungere a svolgere il lavoro da avvocato come aveva sempre desiderato. Anche in questo caso si trovò ad essere un avvocato di fama.

A questo punto pensò che voleva avere una moglie, una famiglia, ma non voleva perdere tempo con il fidanzamento, il matrimonio, le gravidanze della moglie eccetera.

Ancora una volta tirò il capo del suo gomitolo ed eccolo con una bellissima famiglia che gli dava sicurezza e amore.

Poco tempo dopo cominciò a pensare a quanto fosse bello non dover più esercitare, essere in pensione ed occuparsi dei nipotini.

In questo caso il gomitolo lo portò ad essere un anziano vedovo, sdraiato sul letto di un ospizio con figli e nipotini al suo capezzale.

Solo allora si rese conto di non aver vissuto, di voler tanto poter tornare ai banchi di quella scuola elementare che non aveva amato. Ma il gomitolo non esisteva più ed il filo non poteva più venir riavvolto.

È questo che vogliamo anche noi?

Non credo proprio che lo sia, quindi rimbocchiamoci le maniche ed usciamo dal nostro comodo guscio. Diamoci da fare a realizzare il nostro sogno utilizzando il tempo necessario e in base al nostro stato d’animo. Credetemi, è tutto un dire se pensiamo che siamo eterni.

Ammettiamo però che ho svolto tutto il lavoro fisico necessario. Ancora non succede nulla?

Accidenti!?!

Vediamo allora quale potrebbe essere un’altra delle cause più frequenti alla “non” riuscita del mio “miracolo”.

Immaginiamo di conoscere, personalmente o meno, una persona piena di soldi, magari una persona famosa come potrebbe essere Bill Gates, il patrono della Microsoft, o chiunque altro ci passi per la testa.

Cosa proviamo verso questa persona? Pensiamo molto profondamente a quale è la nostra vera idea su Bill Gates, la nostra considerazione.

Esatto! Non siamo solo gelosi - sentimento peraltro positivo, che ci aiuta ad avanzare e ad avere delle ambizioni – siamo purtroppo “arrabbiati” con questa persona perché “lei sì e noi no”; oppure perché riteniamo che “guadagna soldi facili alle nostre spalle”, “approfitta di noi spudoratamente” e quindi è una persona “spregevole”.

In poche parole, chiunque sia questa persona, rappresenta ciò che “Io non voglio essere”, e purtroppo continuerò anche ingiustamente a bombardarla di pensieri negativi (poverino lui).

Nel frattempo quindi io posso così continuare a sprecare inutilmente energie per ottenere la ricchezza. Tant’è vero che non mi permetterò mai di essere la rappresentazione di ciò che in fondo non voglio essere.

Questi due pensieri creativi contrastanti stanno agendo uno contro l’altro, generando solo una gran confusione nel “pozzo dei desideri” dal quale credevo scaturissero le mie, credute tali, aspettative.

Trattandosi di questo tipo di situazione farò quindi in modo di lavorare su me stesso a convincere il mio corpo mentale che se io sono “Dio”, anche quella persona lo è, quindi quella persona ed io siamo la stessa cosa.

Per quale motivo dovrei dunque essere arrabbiato con me stesso o ritenere di non essere alla sua altezza? Oppure peggio, per quale motivo devo mandare a me stesso invidia, energia negativa e distruttiva?

Questo dovrebbe anche farci capire che i diversi modi di agire delle persone sono esattamente i modi di agire che utilizzeremo noi trovandoci al loro posto. A tutti gli effetti è esattamente anche ciò che stiamo facendo.

Che si tratti di azioni che riteniamo “buone” o “cattive”, sono comunque delle azioni che noi stiamo commettendo sotto un altro aspetto.

Se abbiamo già sentito parlare della legge del Karma, potrebbe anche essere più facile riflettere sul fatto che siamo sempre noi, come essere divino, a vivere ogni e qualsiasi singola esperienza di vita.

Ma… il Karma parla di vite passate e vite future.

Ma è semplice: non esistono vite passate o future, esistono solo vite.

Tutto si trova qui e ora. È il nostro corpo mentale che distingue lo spazio tempo laddove non esiste, per questo tutti noi, in una “vita passata”, siamo stati non solo la regina egizia Nefertiti, ma persino Hitler o Caino. L’importante quindi è chi vogliamo essere ora!

Una grande verità cita che noi siamo tre cose ben distinte: ciò che gli altri credono che noi siamo, ciò che noi crediamo di essere e ciò che veramente siamo.

Ebbene, ciò che noi veramente siamo è semplicemente la somma di tutte le nostre esistenze, quelle “passate”, quelle presenti e anche quelle “future”.

Tutto dipende dall’uso che facciamo della moviola per rallentare ed osservare cosa contiene il nostro “corpo cosmico”, tutto dipende dal punto in cui noi ci poniamo, per osservare tutto ciò.

Per concludere: che ne è dunque della nostra casa?

Semplice. Ce l’abbiamo già, ma la stiamo usando sotto un altro aspetto. Dobbiamo essere felici per questo, infatti solo essendo felici per quella “persona”, ne godiamo anche noi in un modo inaspettato.

Ma allora tutto il lavoro per indirizzare le nostre energie ad ottenere ciò che più desideriamo?

Questo lavoro non è sprecato, ci serve soprattutto per creare un mondo migliore dove tutte le nostre manifestazioni abbiano il diritto di essere felici, dove possono condurre una vita degna di essere vissuta.

Come abbiamo visto la nostra energia creativa agisce anche a nostra insaputa, è quindi importante imparare a gestirla affinché i risultati siano soddisfacenti per tutti.

Anziché pretendere di ottenere delle cose che ancora non ci siamo concesse, esprimeremo quindi solo la nostra preferenza ad avere una cosa piuttosto che un’altra.

Se l’insieme delle vibrazioni dei corpi universali sono in sintonia con la nostra preferenza, potremmo ottenere molte cose “eccellenti” senza neppure rendercene conto, ma soprattutto senza desiderarle.

Per chiedere che un nostro “desiderio” venga appagato useremo principalmente un assoluto rispetto per quelle forze che ne vengono implicate senza arrogarci la pretesa che si avveri a tutti i costi.

Non ci comporteremo da esseri superiori per ottenerle, dando ordini perentori ad energie che vibrano a livelli molto più elevati dei nostri, ma manifesteremo la nostra richiesta con umiltà, con accettazione del risultato, qualsiasi esso sia.

È per questo motivo che piuttosto che insegnarci a dare “ordini” al Genio, o all’universo che dir si voglia, le religioni hanno fatto in modo di proteggerci da eventuali risultati disastrosi. Esse infatti ci consigliano saggiamente, di esprimere i nostri desideri sotto forma di preghiere.

Non ottenere “risposta” alle nostre preghiere sarà quindi una questione a noi superiore. Implicitamente veniamo spinti a compiere azioni che porteranno a farci “meritare” ciò che abbiamo richiesto, o a chiedere perdono per ciò che abbiamo fatto o abbiamo pensato.

Praticamente il tutto è esattamente come è stato detto precedentemente, usando termini ben diversi.

Chi ha dunque ragione? Le religioni? La scienza? Ebbene tutti abbiamo ragione e tutti abbiamo torto, dipende esclusivamente da cosa noi decidiamo in merito.

Premessa per l’inizio di una nuova fase

A questo punto dobbiamo comprendere una cosa molto importante: il nostro corpo mentale è quello che influisce maggiormente sul nostro essere.

Praticamente è il corpo sottile più prossimo alla natura di questo mondo illusorio. È quello che ha la maggior parte di controllo sulle nostre vite e sugli eventi ad esse legati.

Imparando a gestire i nostri pensieri come abbiamo fatto nei passi precedenti, il nostro scopo è stato quello di apprendere come usare il corpo mentale per soddisfare i nostri appetiti, i nostri desideri e le nostre emozioni.

Naturalmente nessuno ama essere sottomesso, lo stesso vale per il nostro corpo mentale che non ci lascerà giocare così subdolamente con lui. Ecco che dunque farà di tutto per farci credere che ci stiamo movendo in una direzione errata. In alcuni casi cercherà pure di ostacolarci con apparenti stati di malattia o malessere fisico.

Queste conseguenze ce le dobbiamo purtroppo aspettare, siamo però già in grado di non lasciarci coinvolgere più del necessario. Guai se lo facessimo! Sarebbe come gettare la spugna e rinunciare al viaggio da poco iniziato.

Prettamente a scopi esplicativi, possiamo descrivere l’essere umano come distinto in tre parti: l’essere fisico, l’essere emozionale e l’essere mentale.

Apparentemente, queste tre parti rappresentano la stessa cosa, sono tutte “noi”.

Normalmente pensiamo al corpo fisico come “Io”, un visibile aggregato di cellule e molecole con il nome di “Tal dei Tali”.

Si tratta di un corpo che respira, che si mantiene in vita assumendo cibo e acqua, che riposa quando è stanco.

Le funzioni basiche di questo corpo sono prevalentemente automatiche, stabilite da una forma di “intelligenza” superiore alle sue proprie abilità creative, dunque sempre le famose leggi che abbiamo visto all’inizio di questo testo.

Questo corpo fisico è uno strumento notevole, possiede l’abilità di ripararsi da solo e potrebbe funzionare ininterrottamente nel modo automatico come è stato creato.

L’umanità però, cioè l’insieme degli esseri umani, ha sviluppato situazioni, certi comportamenti e abitudini, che interferiscono con il buon funzionamento fisico di questo veicolo causando diversi danni e portandolo ad un certo tipo di deterioramento.

Al giorno d’oggi è facile esercitare l’autocontrollo per tenere a bada alcuni dei nostri “istinti” che potrebbero essere inappropriati. La nostra natura emotiva rimane comunque predominante.

Sovrastando i nostri propositi, così come le nostre miglior intenzioni, questa emotività continua a prendere il controllo sull’intero essere.

Ciò che più probabilmente è alla base di queste spinte emotive, rimane il subconscio che stimola emozioni come la paura.

Se il subconscio tramite la paura ci protegge dai pericoli, in altri casi purtroppo blocca alcune nostre azioni utili, come per esempio il nostro agire da essere divino attivo prevalentemente a livelli esterni dal mondo illusorio.

Non avendo diretto contatto con la realtà spirituale, troppo sottile per essere percepita, il subconscio la intravede come un pericolo.

Affrontando un pericolo “reale” il subconscio stimola la paura che, a sua volta, mette in circolo l’adrenalina nel nostro corpo fisico.

L’adrenalina è una sostanza che moltiplica rapidamente la nostra forza fisica e la capacità di reazione, qualità che ci servono per la difesa (o anche per la fuga).

La paura che proviamo per i pericoli inesistenti, come le semplici convinzioni “registrate” nel corpo mentale, stimola la stessa reazione chimica, lasciando latente dell’adrenalina inutilizzata che risulta però nociva, se non velenosa, al nostro organismo. Questa può persino causare problemi fisici anche gravi.

Imparando a gestire il nostro modo di pensare abbiamo quindi come primo compito quello di ripulire il nostro corpo mentale ed il nostro subconscio da alcune “registrazioni” erronee.

Attenzione!

Stiamo parlando di acquisire una collaborazione più ragionata a livelli sottili, non al rifiuto categorico del funzionamento di queste forze indiscutibilmente importanti, che ci servono per evitare di compiere gesti insensati, come ad esempio buttarci dal secondo piano di un palazzo con la convinzione di non farci male.

Espressa in questo modo potrebbe apparire una cosa molto difficile da fare, ma con la giusta determinazione, la forza di volontà e con del duro lavoro, ci si può arrivare.

Gli esercizi consigliati nei passi precedenti sono proprio la via principale per giungere a questa collaborazione ragionata.

Questi passi ci portano poco a poco ad allontanarci dal controllo emotivo sulle nostre azioni, portandoci ad avere il pieno controllo della nostra vita e della nostra energia creativa.

Non dobbiamo quindi reprimere i nostri istinti. Facendo questo, prima o poi esploderanno con conseguenze disastrose; dobbiamo invece incanalarli, guidarli in modo che riescano ad essere soddisfatti in modi più consoni al nostro reale bisogno.

È una situazione che si può banalmente spiegare con l’esempio del desiderio di una fetta di torta di panna e cioccolato.

 Sappiamo benissimo quanto questi due elementi possano essere dannosi al nostro organismo, non solo a livello dietetico per intenderci, e quindi ovvieremo al “pericolo” facendo in modo di soddisfare questo desiderio concedendoci comunque qualcosa di dolce, per esempio una macedonia di frutta.

Opponendoci a questo desiderio infatti, non lo facciamo sparire ma lo stuzzichiamo ulteriormente fino al punto di arrivare ad ingozzarci di questi elementi appena li abbiamo a portata di mano.

Ogni emozione ha due nature distinte contrapposte. Sta a noi riuscire a capire quale delle due sia di maggior levatura nel nostro piccolo cosmo. Quale tra le due sia quella che comporta “creatività” piuttosto che “distruzione”; quale ci è utile e quale invece no.

L’amore per esempio è contrapposto alla paura. È infatti errato ritenere l’odio come sentimento in opposizione all’amore, in quanto si tratta esclusivamente di un’emozione molto più simile alla rabbia.

Decidiamo quindi di scegliere l’amore, che comunque ha varie sfaccettature come l’amore per se stessi, l’amore per una persona in particolare o l’amore universale per qualsiasi essere vivente.

Sarà comunque l’amore l’emozione che ascolteremo più volentieri piuttosto che non la paura.

Questo ascolto o questa scelta sarà consapevole, e se ci troviamo a dover provare un’emozione che non ci piace, quindi di basso livello e che non ci è utile, faremo in modo di incanalarla verso il suo lato opposto più elevato.

È controproducente ribellarsi alle emozioni di basso livello, facendo ciò incanaliamo tutta la nostra energia verso questa emozione ottenendo esattamente l’opposto di quanto vogliamo veramente.

Come già spiegato precedentemente lo stesso vale per i pensieri.

Quando per esempio manifestiamo il nostro sdegno contro chi maltratta gli animali, manderemo la nostra energia ai pensieri di maltrattamento agli animali; ottenendo proprio l’effetto contrario a quello che in fondo vorremo ottenere.

D’accordo, non possiamo chiudere gli occhi su certe situazioni, ma possiamo impiegare la nostra energia in modo molto più costruttivo. Cercando per esempio il modo per far si che gli animali siano più protetti.

Ora che finalmente siamo riusciti a capire in quale direzione dobbiamo muovere la nostra energia creativa mi auguro che molti di quegli stimoli a voler manifestare, anche forse egoisticamente, i nostri desideri più “bassi”, si siano leggermente placati a lasciar spazio a mete molto più costruttive, per esempio per il benessere comune.

Terzo passo: la meditazione

La meditazione è una “azione” nella quale il nostro essere si pone nello stato contemplativo di una raffigurazione - di qualcuno o di qualcosa - mentre il nostro corpo mentale ed il nostro cervello non svolgono assolutamente attività alcuna.

Nella concentrazione siamo riusciti ad estraniarci dal pensiero del corpo mentale mantenendo però un certo livello di attività nel pensiero più sottile, quindi con un determinato giudizio alla guida di tale pensiero.

Lo scopo invece della meditazione è quello di riuscire ad interrompere ogni nostro collegamento tra il noi Divino ed il pensiero. Riuscire ad adagiarci in uno stato di inerzia quasi assoluto e ritrovarci a galleggiare nel “nulla” da cui siamo balzati nel mondo materiale. Potremmo dire una specie di “estasi mistica”, o di “Nirvana”, come lo chiamano gli induisti.

Lo facciamo però non in modo da cancellare tutto il resto, bensì in modo da lasciarci trascinare da uno stato all’altro con piena fiducia della volontà dell’energia base, la cosiddetta fede assoluta nel divino.

Durante lo svolgimento degli esercizi suggeriti qui di seguito, non sarà infatti la nostra mente attiva a condurli dall’inizio alla loro conclusione, ci limiteremo a prendere atto dell’esperienza da gestire per poi darle semplicemente il via, lasciandoci trasportare da ogni singolo esercizio.

In tutte e tre le esperienze, la prima sensazione che abbiamo è quella di “riconoscere” il soggetto della nostra meditazione, reazione, credo, abbastanza semplice.

A questo punto però, il nostro compito diviene quello di “vederci” mentre riconosciamo tale soggetto, quindi non “pensare che lo stiamo riconoscendo” bensì osservarci mentre “pensiamo di riconoscerlo”.

Ma non è ancora finita! Dopo di ciò si tratterà di prendere conoscenza del fatto che “stiamo assistendo a come ci stiamo vedendo riconoscere”.

Per ultimo subentrerà la cosa più semplice: accettare, senza alcun timore, di essere qualcosa di differente da ciò che si è sempre creduto.

La disposizione a questi esercizi richiede una certa preparazione, principalmente di carattere fisico.

Agli inizi sarà proprio questa fase di preparazione che ci prenderà molto più tempo, per cui è opportuno assicurarsi di scegliere un luogo appartato, dove si è sicuri di non venir disturbati per almeno un’oretta.

Temperature permettendo, l’ideale sarebbe in un bosco in mezzo alla natura, con aria pulita e salubre. Se abbiamo avuto la possibilità di farci un bagno nelle acque fresche di un fiume, sarà ancora meglio.

Inutile sottolineare che anche una sana alimentazione e la sufficiente assunzione di acqua naturale, sono comunque importanti, e questo non solo per poter eseguire questi esercizi.

Una buona premessa per ogni esercizio è sempre una posizione seduta, comoda, i piedi a terra, le gambe non accavallate e tutti i muscoli del corpo rilassati.

Le pratiche yoga danno molti spunti per le posizioni da assumere durante la meditazione, ognuno ha una conformazione fisica differente ed è quindi molto soggettivo prediligerne una piuttosto che un’altra.

In linea di massima si evitano posture che causano tensioni muscolari. Il pollice e l’indice vengono morbidamente uniti alle punte, a volte anche con il medio.

Si presta particolare attenzione a rilassare i muscoli del cuoio capelluto, attorno agli occhi, al naso e alla bocca. Le spalle ed il torso si rilassano più facilmente dopo alcuni esercizi di stiramento e contrazione muscolare.

I primi respiri sono molto profondi. L’aria entra molto piano nel nostro corpo attraverso le narici e ne esce attraverso le labbra socchiuse, soffiando come a spegnere una candela davanti a noi.

Ci preoccupiamo di espellere completamente anche l’aria dalla zona addominale mediante la contrazione muscolare di tale zona.

Nelle prime respirazioni noteremo inoltre, che l’aria espirata sembra maggiore di quella inspirata, ma ciò è normale, si tratta di aria “stagnante” che tratteniamo inconsciamente come una forma di riserva.

Il respiro diviene ora ritmico, gestito in base al nostro stato energetico; se per esempio siamo tesi tratteniamo il respiro per una pausa leggermente prolungata dopo l’espirazione, contando fino a tre (scaricarsi), all’opposto, se ci sentiamo un po’ fiacchi, la pausa verrà fatta dopo l’inspirazione (caricarsi), sempre contando fino a tre.

Per l’inspirazione e l’espirazione contiamo invece più o meno fino a sette, adattando il tempo in base alla nostra conformazione fisica.

Lasciamo in seguito che il ritmo del respiro diventi naturale e spontaneo. Chiudiamo gli occhi e affrontiamo con completa fiducia la prima esperienza.

Davanti a noi una luce azzurro chiaro prende il posto del buio; se avete già notato il buio che ci si presenta ad occhi chiusi, non è mai completo, è sempre contraddistinto da puntini luminosi che, in questo caso, si uniscono a formare appunto questo “schermo” di una luce azzurra molto chiara.

Questa luce diviene sempre più estesa attorno a noi, ce ne sentiamo avvolti e ne percepiamo in un certo senso il calore.

Il più lentamente possibile questo azzurro chiaro passa ad una tonalità leggermente più scura, poi ancora più scura fino a giungere, senza la minima fretta, ad uno stupendo blu intenso.

Inspiriamo profondamente cancellando il blu intenso a cui siamo giunti. Da questo punto ricominciamo, visualizzando questa volta un colore rosa molto chiaro che, nello stesso modo come per l’azzurro di prima, pian piano diviene rosso.

Ancora un respiro e visualizziamo per ultimo un bianco puro, luminoso e cristallino come neve appena caduta. Possiamo sentire vibrare questo bianco con tutte le intensità cromatiche attraverso il nostro corpo. Il bianco infatti è la somma di tutti i colori.

Facciamo un nuovo respiro profondo e riapriamo gli occhi rimanendo nella stessa posizione pronti per il secondo esercizio.

Per la seconda esperienza siamo sempre nella posizione indicata all’inizio. Chiudiamo gli occhi e ascoltiamo un violino da solo che suona una melodia, un brano a noi familiare, come potrebbe essere per esempio la primavera di Vivaldi.

La difficoltà qui, sta nel non “canticchiare mentalmente“ la melodia con il “suono” di un violino, bensì proprio sentirlo come scaturire dalla cassa armonica di un vero violino o dagli altoparlanti del nostro impianto stereofonico.

Può capitare che immagini di disturbo o altri suoni si sovrappongano ad accompagnarlo, lasciamo andare questi intrusi senza dar loro importanza. Cercando di allontanarli infatti, otterremo il risultato opposto amplificandoli.

Non c’è nulla da vedere, è tutto in quel buio in cui ci troviamo. Ci identifichiamo almeno per due o tre minuti con questo suono, non lasciamo esistere niente altro.

Un nuovo respiro profondo, riapriamo gli occhi e ci stiriamo leggermente ad acquisire nuovamente contatto con il nostro corpo fisico, infatti, molto probabilmente quest’esperienza ci avrà un po’ frastornati.

Per la terza esperienza è forse utile le prime volte osservare per un breve istante, prima di chiudere gli occhi, la lieve fiamma in movimento di una candela.

In questo modo l’alone di luce che questa lascia come traccia nelle nostre pupille, ci aiuta a visualizzare meglio la forma che ci seguirà nel percorso del prossimo “viaggio”.

Questa fiammella in movimento diviene l’unica fonte di luce nel nostro stato ad occhi chiusi. Possiamo ancora vedere la fiammella danzare mentre la lasciamo scendere più profondamente in noi nella zona del cuore.

Non ci serve spostare gli occhi materiali per vederla prendere posto in quella zona energetica, la nostra vista interiore non è legata a questi organi.

Ora questa fiammella diviene sempre più grande fino a contenere quel quid di energia (noi) che la sta osservando; possiamo sentirla avvolgerci completamente; molto importante è la sensazione di “vederla” e sentirla anche dietro di noi; ci rendiamo così conto che quella dimensione oltre le nostre spalle, esiste anche se spesso non la consideriamo.

La nostra “vista” non è più solo a 180° davanti a noi come quella normalmente percepita con gli occhi, ma bensì assume una multidirezionalità che scaturisce in ogni direzione.

Manteniamo questo involucro attorno al nostro essere per almeno un minuto. Inspiriamo profondamente e apriamo gli occhi.

Con un po’ di buona volontà ci potremo anche rendere conto che quella luce è ancora presente attorno a noi. Questa luce rispecchia la più bella energia del nostro corpo eterico: l’amore.

Ognuna di queste esperienze differisce dall’altra, ne esistono anche molte varianti che, con la pratica, ognuno riuscirà a mettere a punto per proprio conto. Per iniziare, comunque, è meglio seguire le indicazioni date poc’anzi.

Ricordiamo che stiamo movendo i primi passi verso il mondo del pensiero creativo. Un mondo ben diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere finora.

Dobbiamo procedere un po’ per volta, come abbiamo fatto da neonati per imparare come prendere il bicchiere d’acqua senza rovesciarlo, altrimenti i risultati non saranno quelli sperati.

Piccoli passi, solo piccoli passi effettuati con fiducia.

Anche il più lungo dei viaggi inizia con un piccolo passo.

Secondo passo: la concentrazione

La nostra giornata – lavorativa, scolastica o sportiva eccetera. – implica un determinato sforzo mentale. Nella maggior parte dei casi chiamiamo erroneamente questo sforzo “concentrazione”.

In effetti questa non è “concentrazione”, è una forma di reazione del nostro cervello quasi prettamente automatica. È più simile ad una routine entrata a far parte dell’automatismo nel nostro sistema energetico, una pratica che non richiede e non stimola la nostra reale capacità di concentrazione.

Condurre l’auto, per esempio, è un gesto che compiamo automaticamente; la nostra attenzione viene spostata sulle differenti situazioni, ma ogni nostra reazione ai vari “pericoli” è già registrata nella nostra forza di reazione, segue cioè una logica passiva.

A scuola potremmo essere molto attenti a ciò che il professore sta spiegando. Seguiamo parola per parola quello che ci viene insegnato e lo memorizziamo, con facilità o meno. Nella maggior parte dei casi questa situazione è semplicemente un assimilare delle nozioni.

Nel corso di un esame, si spera, siamo invece costretti ad uno sforzo maggiore per riordinare queste nozioni in un ragionamento logico attivato a seconda della necessità.

Questo “sforzo” è già molto più simile alla concentrazione di cui stiamo parlando, ma ancora non è esattamente ciò che si intende.

Come possiamo notare molto chiaramente dall’esempio dell’esame, la concentrazione che qui intendo è quella che non implica semplicemente un ricordo o una azione, eseguita seppure con attenzione ma in modo automatico; questa concentrazione è un insieme di tutte queste cose, gestite da una logica attiva, da un ragionamento, da quella parte di energia, quindi, che prevale sopra le energie grossolane del corpo mentale.

La differenza tra la “concentrazione” che utilizziamo giornalmente in modo automatico e questo tipo di concentrazione, è che quest’ultima è un atto deliberato dalla nostra espressa volontà e non stimolato semplicemente dalla necessità.

Esiste una grandissima differenza tra i pensieri emozionali passivi e quelli attivi: credo che su questa terra siano ben pochi a vivere esclusivamente spinti dai pensieri emozionali attivi; queste persone sono quelle che si distinguono per la loro elevazione, ben al di sopra di quella comune.

Per riuscire a comprendere quanto siamo ingannati dalla nostra credenza di padroneggiare la capacità di concentrazione, basta fare un semplice test che spiego qui di seguito.

Rimanendo rilassati e compostamente seduti – senza accavallare le gambe e non da sdraiati – chiudiamo gli occhi ed iniziamo a visualizzare nella nostra mente, esattamente ed in dettaglio, le azioni da svolgere per realizzare una determinata fase del nostro lavoro quotidiano. Attenzione però, non si tratta di richiamare un’azione già avvenuta, come abbiamo fatto nell’esercizio del passo precedente, bensì una nuova situazione lavorativa da compiere adesso a livello mentale.

Immaginiamo, passo per passo, ogni singolo movimento come se lo stessimo veramente svolgendo. Se sono un cuoco mi immagino, per esempio, mentre preparo sui fornelli le varie pentole, la mia postura all’interno della cucina, gli eventuali rumori e profumi, il movimento che compio per affettare le verdure, l’attenzione che devo riporre per i vari passaggi da compiere a realizzare la ricetta eccetera… il tutto seguendo esattamente gli stessi tempi necessari allo svolgimento di questa mansione.

Sinceramente: quanti secondi sono trascorsi prima che un pensiero estraneo giungesse a perturbare questa visualizzazione? Non vale barare, non siamo qui per vincere una gara, siamo qui per crescere insieme!

Passiamo ora agli esercizi consigliati per stimolare la concentrazione.

Questi semplici esercizi possono essere eseguiti in contemporanea con quelli dell’osservazione indicati nel capitolo precedente.

Il primo è un esercizio di calcolo.

A scuola abbiamo imparato a memoria le tabelline, quindi le semplici moltiplicazioni dei numeri unitari le eseguiamo in modo automatico, con logica passiva.

Questo esercizio invece, implica un grado superiore di calcolo che stimola una visualizzazione leggermente più complessa; iniziamo infatti ad effettuare mentalmente moltiplicazioni tra numeri a due cifre, come per esempio il 46 ed il 62.

Senza l’aiuto di una calcolatrice o di carta e penna ci accorgiamo che questo calcolo implica una concentrazione mentale ben differente da quella cui siamo abituati.

Il nostro cervello però riesce ad affrontare questo calcolo, anzi, farà ancora di meglio: creerà con i collegamenti neurali una specie di “programma” di elaborazione che funziona sempre più velocemente come in un computer.

Ripetiamo spesso questo tipo di calcolo mentale fino ad acquisire una certa scioltezza, nota bene che non si tratterà di calcolo automatico come per le tabelline imparate a memoria a scuola. In seguito potremo anche procedere ad esercitarci moltiplicando numeri a tre cifre, come per esempio 218 e 722.

Non lasciamoci spaventare se già l’inizio ci può risultare difficile; se ben esercitata la capacità di calcolo del nostro cervello può giungere ad elaborare operazioni anche ben più complesse.

Il successo sta nell’esercitarsi regolarmente, ma soprattutto una gran parte del segreto risiede nello scopo per cui lo stiamo facendo.

Non si tratta infatti, di prepararci ad un esame o per essere pronti a far di conto mentalmente in qualche banale situazione, stiamo imparando ad usare nel migliore dei modi l’energia che abbiamo a nostra disposizione.

Il secondo esercizio di questo passo consiste nel memorizzare un testo, per esempio una quartina di una poesia, o le prime due frasi di un testo qualsiasi.

Solitamente la memorizzazione di un testo ne implica anche una particolare comprensione, decisamente diversa da quella stimolata durante la semplice lettura.

Il nostro impegno in questa pratica fa in modo che il testo assuma connotazioni molto più reali a livello mentale. La nostra concentrazione analizza l’uso delle parole, la composizione grammaticale della frase, il significato specifico delle parole; inconsciamente rievochiamo anche in noi l’emozione che lo scrittore ha voluto esprimere.

Non si tratta più di leggere semplicemente, ma anche di capire cosa si legge, visualizzandolo e, in un certo senso, anche sentendolo a livello emozionale.

Eccoci al terzo esercizio: visualizzare ed analizzare mentalmente il viso di una persona sconosciuta che si è intravista per un brevissimo istante per strada o al bar.

Non ci limitiamo qui a visualizzarne i tratti somatici del viso, ma osiamo addentrarci a livelli superiori della semplice osservazione fotografica, cercheremo dunque di analizzarne l’espressività, di capire l’energia emanata da quella persona.

Sappiamo benissimo quanto possa essere difficile analizzare in modo corretto una persona, figuriamoci una persona intravista solamente per alcuni istanti. Ciò non toglie che al primo sguardo, inconsciamente, notiamo dettagli espressivi molto significativi che stimolano o meno la nostra energia simpatica con i nostri simili.

Oltre allo stimolo dell’attività mnemonica del nostro corpo mentale, questi esercizi toccano livelli ben precisi di concentrazione.

Il primo esercizio stimola le sinapsi del cervello, ci aiuta a focalizzare e mantenere più a lungo la nostra concentrazione attiva mentale.

Nel secondo esercizio è richiesta anche una più attenta analisi della forma espressiva di un’altra entità - in questo caso un testo - mossa da energie apparentemente separate dalle nostre.

È richiesta l’abilità di elaborare mentalmente una forma complessa, composta da linguaggio, logica ed immaginazione talora differenti dalle nostre, ponendoci in grado di entrare in un sistema emotivo differente da quello cui siamo abituati.

Ciò aiuta anche a mantenere attivo in modo consapevole un pensiero complesso e non solamente una piccola parte di esso.

Il terzo favorisce la crescita dell’intuito spontaneo che viene stimolato dall’energia emessa dall’aspetto fisico di altre entità.

A lungo andare ci si renderà conto di riuscire ad entrare meglio in sintonia con le persone con le quali abbiamo a che fare. In questo modo, difficilmente subiremo attacchi emozionali esterni e, cosa molto importante, il nostro corpo mentale sarà consapevole se permettere o meno l’accesso di forme pensiero che giungono da queste persone.

La cosciente applicazione di questi tre esercizi ci porta a far funzionare il nostro cervello in modo separato da noi stessi. È come poter osservare da un punto esterno il cervello che lavora per nostro conto.

La nostra mente diviene nel contempo il supervisore del cervello, il quale svolge automaticamente l’attività da noi desiderata.

Questa osservazione ci porta gradualmente anche ad una miglior comprensione del pensiero. Il pensiero è un’attività del corpo mentale, e la mente può funzionare indipendentemente dal cervello. È quindi possibile pensare al di fuori del cervello, molte persone sono già in grado di fare ciò senza il minimo sforzo.