venerdì 4 gennaio 2013

Terzo passo: la meditazione

La meditazione è una “azione” nella quale il nostro essere si pone nello stato contemplativo di una raffigurazione - di qualcuno o di qualcosa - mentre il nostro corpo mentale ed il nostro cervello non svolgono assolutamente attività alcuna.

Nella concentrazione siamo riusciti ad estraniarci dal pensiero del corpo mentale mantenendo però un certo livello di attività nel pensiero più sottile, quindi con un determinato giudizio alla guida di tale pensiero.

Lo scopo invece della meditazione è quello di riuscire ad interrompere ogni nostro collegamento tra il noi Divino ed il pensiero. Riuscire ad adagiarci in uno stato di inerzia quasi assoluto e ritrovarci a galleggiare nel “nulla” da cui siamo balzati nel mondo materiale. Potremmo dire una specie di “estasi mistica”, o di “Nirvana”, come lo chiamano gli induisti.

Lo facciamo però non in modo da cancellare tutto il resto, bensì in modo da lasciarci trascinare da uno stato all’altro con piena fiducia della volontà dell’energia base, la cosiddetta fede assoluta nel divino.

Durante lo svolgimento degli esercizi suggeriti qui di seguito, non sarà infatti la nostra mente attiva a condurli dall’inizio alla loro conclusione, ci limiteremo a prendere atto dell’esperienza da gestire per poi darle semplicemente il via, lasciandoci trasportare da ogni singolo esercizio.

In tutte e tre le esperienze, la prima sensazione che abbiamo è quella di “riconoscere” il soggetto della nostra meditazione, reazione, credo, abbastanza semplice.

A questo punto però, il nostro compito diviene quello di “vederci” mentre riconosciamo tale soggetto, quindi non “pensare che lo stiamo riconoscendo” bensì osservarci mentre “pensiamo di riconoscerlo”.

Ma non è ancora finita! Dopo di ciò si tratterà di prendere conoscenza del fatto che “stiamo assistendo a come ci stiamo vedendo riconoscere”.

Per ultimo subentrerà la cosa più semplice: accettare, senza alcun timore, di essere qualcosa di differente da ciò che si è sempre creduto.

La disposizione a questi esercizi richiede una certa preparazione, principalmente di carattere fisico.

Agli inizi sarà proprio questa fase di preparazione che ci prenderà molto più tempo, per cui è opportuno assicurarsi di scegliere un luogo appartato, dove si è sicuri di non venir disturbati per almeno un’oretta.

Temperature permettendo, l’ideale sarebbe in un bosco in mezzo alla natura, con aria pulita e salubre. Se abbiamo avuto la possibilità di farci un bagno nelle acque fresche di un fiume, sarà ancora meglio.

Inutile sottolineare che anche una sana alimentazione e la sufficiente assunzione di acqua naturale, sono comunque importanti, e questo non solo per poter eseguire questi esercizi.

Una buona premessa per ogni esercizio è sempre una posizione seduta, comoda, i piedi a terra, le gambe non accavallate e tutti i muscoli del corpo rilassati.

Le pratiche yoga danno molti spunti per le posizioni da assumere durante la meditazione, ognuno ha una conformazione fisica differente ed è quindi molto soggettivo prediligerne una piuttosto che un’altra.

In linea di massima si evitano posture che causano tensioni muscolari. Il pollice e l’indice vengono morbidamente uniti alle punte, a volte anche con il medio.

Si presta particolare attenzione a rilassare i muscoli del cuoio capelluto, attorno agli occhi, al naso e alla bocca. Le spalle ed il torso si rilassano più facilmente dopo alcuni esercizi di stiramento e contrazione muscolare.

I primi respiri sono molto profondi. L’aria entra molto piano nel nostro corpo attraverso le narici e ne esce attraverso le labbra socchiuse, soffiando come a spegnere una candela davanti a noi.

Ci preoccupiamo di espellere completamente anche l’aria dalla zona addominale mediante la contrazione muscolare di tale zona.

Nelle prime respirazioni noteremo inoltre, che l’aria espirata sembra maggiore di quella inspirata, ma ciò è normale, si tratta di aria “stagnante” che tratteniamo inconsciamente come una forma di riserva.

Il respiro diviene ora ritmico, gestito in base al nostro stato energetico; se per esempio siamo tesi tratteniamo il respiro per una pausa leggermente prolungata dopo l’espirazione, contando fino a tre (scaricarsi), all’opposto, se ci sentiamo un po’ fiacchi, la pausa verrà fatta dopo l’inspirazione (caricarsi), sempre contando fino a tre.

Per l’inspirazione e l’espirazione contiamo invece più o meno fino a sette, adattando il tempo in base alla nostra conformazione fisica.

Lasciamo in seguito che il ritmo del respiro diventi naturale e spontaneo. Chiudiamo gli occhi e affrontiamo con completa fiducia la prima esperienza.

Davanti a noi una luce azzurro chiaro prende il posto del buio; se avete già notato il buio che ci si presenta ad occhi chiusi, non è mai completo, è sempre contraddistinto da puntini luminosi che, in questo caso, si uniscono a formare appunto questo “schermo” di una luce azzurra molto chiara.

Questa luce diviene sempre più estesa attorno a noi, ce ne sentiamo avvolti e ne percepiamo in un certo senso il calore.

Il più lentamente possibile questo azzurro chiaro passa ad una tonalità leggermente più scura, poi ancora più scura fino a giungere, senza la minima fretta, ad uno stupendo blu intenso.

Inspiriamo profondamente cancellando il blu intenso a cui siamo giunti. Da questo punto ricominciamo, visualizzando questa volta un colore rosa molto chiaro che, nello stesso modo come per l’azzurro di prima, pian piano diviene rosso.

Ancora un respiro e visualizziamo per ultimo un bianco puro, luminoso e cristallino come neve appena caduta. Possiamo sentire vibrare questo bianco con tutte le intensità cromatiche attraverso il nostro corpo. Il bianco infatti è la somma di tutti i colori.

Facciamo un nuovo respiro profondo e riapriamo gli occhi rimanendo nella stessa posizione pronti per il secondo esercizio.

Per la seconda esperienza siamo sempre nella posizione indicata all’inizio. Chiudiamo gli occhi e ascoltiamo un violino da solo che suona una melodia, un brano a noi familiare, come potrebbe essere per esempio la primavera di Vivaldi.

La difficoltà qui, sta nel non “canticchiare mentalmente“ la melodia con il “suono” di un violino, bensì proprio sentirlo come scaturire dalla cassa armonica di un vero violino o dagli altoparlanti del nostro impianto stereofonico.

Può capitare che immagini di disturbo o altri suoni si sovrappongano ad accompagnarlo, lasciamo andare questi intrusi senza dar loro importanza. Cercando di allontanarli infatti, otterremo il risultato opposto amplificandoli.

Non c’è nulla da vedere, è tutto in quel buio in cui ci troviamo. Ci identifichiamo almeno per due o tre minuti con questo suono, non lasciamo esistere niente altro.

Un nuovo respiro profondo, riapriamo gli occhi e ci stiriamo leggermente ad acquisire nuovamente contatto con il nostro corpo fisico, infatti, molto probabilmente quest’esperienza ci avrà un po’ frastornati.

Per la terza esperienza è forse utile le prime volte osservare per un breve istante, prima di chiudere gli occhi, la lieve fiamma in movimento di una candela.

In questo modo l’alone di luce che questa lascia come traccia nelle nostre pupille, ci aiuta a visualizzare meglio la forma che ci seguirà nel percorso del prossimo “viaggio”.

Questa fiammella in movimento diviene l’unica fonte di luce nel nostro stato ad occhi chiusi. Possiamo ancora vedere la fiammella danzare mentre la lasciamo scendere più profondamente in noi nella zona del cuore.

Non ci serve spostare gli occhi materiali per vederla prendere posto in quella zona energetica, la nostra vista interiore non è legata a questi organi.

Ora questa fiammella diviene sempre più grande fino a contenere quel quid di energia (noi) che la sta osservando; possiamo sentirla avvolgerci completamente; molto importante è la sensazione di “vederla” e sentirla anche dietro di noi; ci rendiamo così conto che quella dimensione oltre le nostre spalle, esiste anche se spesso non la consideriamo.

La nostra “vista” non è più solo a 180° davanti a noi come quella normalmente percepita con gli occhi, ma bensì assume una multidirezionalità che scaturisce in ogni direzione.

Manteniamo questo involucro attorno al nostro essere per almeno un minuto. Inspiriamo profondamente e apriamo gli occhi.

Con un po’ di buona volontà ci potremo anche rendere conto che quella luce è ancora presente attorno a noi. Questa luce rispecchia la più bella energia del nostro corpo eterico: l’amore.

Ognuna di queste esperienze differisce dall’altra, ne esistono anche molte varianti che, con la pratica, ognuno riuscirà a mettere a punto per proprio conto. Per iniziare, comunque, è meglio seguire le indicazioni date poc’anzi.

Ricordiamo che stiamo movendo i primi passi verso il mondo del pensiero creativo. Un mondo ben diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere finora.

Dobbiamo procedere un po’ per volta, come abbiamo fatto da neonati per imparare come prendere il bicchiere d’acqua senza rovesciarlo, altrimenti i risultati non saranno quelli sperati.

Piccoli passi, solo piccoli passi effettuati con fiducia.

Anche il più lungo dei viaggi inizia con un piccolo passo.

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